Ogniqualvolta sento parlare di luoghi della memoria, in televisione come in strada, in Italia come all’estero, il mio pensiero non può che andare a Gorée. E lo sai perchè? Perchè Gorée, un’isola di basalto lunga novecento metri e larga trecento, insieme a Ouidah, in Benin, Agbodrafo, in Togo e ad altre città del continente nero, è un luogo simbolo della tratta negriera, un crimine efferato perpetrato ai danni di oltre dieci milioni di africani, tra il XVI e il XIX secolo, da portoghesi, olandesi, inglesi e francesi, che le valse, per l’appunto, l’appellativo di “isola degli schiavi”.
il supporto di un libro
Alcuni giorni prima di imbarcarmi sul volo che mi avrebbe portato in Senegal, acquistai da un venditore ambulante senegalese, le “Le catene di Gorée”, un libricino di circa sessanta pagine. La sua lettura, piacevole, scorrevole e del tutto fortuita, fu una vera e propria manna dal cielo: mi aiutò, infatti, a predispormi mentalmente alla visita che di lì a poco avrei compiuto.
Ciò che ho particolarmente apprezzato di questo libro, di cui non ti rivelo altro, è stata la capacità dell’autore di rendere due storie di vita vissuta, strazianti e deplorevoli, come l’eccidio nazista a S. Anna di Stazzema, avvenuto durante la seconda guerra mondiale e la tratta degli schiavi, assolutamente gradevoli. Se stai progettando un viaggio in Senegal o desideri semplicemente approfondire l’argomento, anche solo in maniera sbrigativa, ti consiglio di leggerlo.
gorée, il luogo della memoria: la sua storia
La lunga e travagliata storia di Gorée, trae origine dalla sua scoperta avvenuta nel 1444 ad opera dei portoghesi, i quali, capitanati dal navigatore Dinis Dias, dopo aver preso possesso dell’isola che soprannominarono Isola delle Palme, diedero vita al primo insediamento commerciale europeo nel continente nero. Grazie alla sua posizione geografica, altamente strategica, Gorée divenne quindi un importante scalo commerciale lungo le principali rotte marittime europee ed extraeuropee.
Ambita da diverse potenze europee, Gorée passò più volte di mano nell’arco di pochi secoli: c’è chi dice dodici e chi addirittura venti. Resta il fatto dopo quasi centocinquant’anni di costante ed indisturbato dominio portoghese, dal XVI secolo in avanti l’isola cadde prima nelle mani degli olandesi, dai quali fu ribattezzata Goede Reede, ossia “buon porto”, da cui il nome attuale, poi in quelle dei portoghesi, degli inglesi ed infine, nel 1677, grazie al maresciallo d’Estrées, dei francesi. Tuttavia, le dispute continuarono fino a quando, nel 1817, i francesi vi si installarono definitivamente assumendo il controllo totale e pressochè indiscusso dell’isola.
Questi furono anni segnati non solo dal brillante commercio delle spezie, degli arachidi o della gomma, bensì dal terribile dilagare della schiavitù, un fenomeno supportato e alimentato, peraltro, dagli africani “liberi”. Ma furono anche anni segnati dall’entrata in scena delle cosiddette signares, donne meticce il cui matrimonio contratto con i funzionari coloniali stanziatisi sull’isola, permetteva loro di godere non solo di ruoli di primaria importanza nell’ambito del commercio degli schiavi, bensì di molteplici proprietà. Con la fondazione di Dakar, avvenuta nel 1857 e il conseguente spostamento delle principali attività commerciali nel nuovo insediamento, Gorée finì per essere relegata al ruolo di semplice gregario.
gorée, il luogo della memoria: cosa vedere
la maison des esclaves
La prima cosa che feci non appena sbarcai sull’isola fu quella di cercare una panchina su cui sedermi per riprendermi da un terribile mal di mare. Complice la mia dimenticanza nell’assumere una compressa di Valontan, il suo prezioso antidoto, i miei 20 minuti di navigazione si trasformarono in un incubo, parzialmente placato dalle chiacchiere che feci con le delle venditrici di souvenir. Giusto il tempo di rimettermi in sesto e ripresi il mio cammino in cerca della Maison des Esclaves, il memoriale per antonomasia di questo approdo turistico circondato dall’azzurro intenso dell’Oceano Atlantico.
Costruito tra il 1780 e il 1794, questo edificio di colore rosa, disposto su due piani, fu prima la prigione e poi il porto di partenza per un numero ingente di schiavi diretti nelle Americhe e ai Caraibi, pronti a consumare le proprie esistenze come merce di scambio nelle piantagioni di canna da zucchero e di cotone. I più “fortunati”, se così si può dire, giungevano a destinazione dopo lunghe ore di navigazione senza sosta; altri, invece, piuttosto che varcare la “porta del non ritorno”, una fessura ad altezza uomo ricavata nel muro della casa, superata la quale avrebbero abbandonato per sempre le loro famiglie, preferivano gettarsi in mare per darsi in pasto ai pescecani.
A seguito della sua trasformazione in museo, avvenuta nei primi anni’60, oggi la Maison des Esclaves offre la possibilità di visitare, al pian terreno, le celle in cui venivano ammassati e suddivisi per sesso, peso ed età, gli schiavi. Al primo piano, quello che in origine era il luogo adibito alla contrattazione e alla compravedita della merce umana, sono presenti diversi pannelli esplicativi che riassumono la storia della schiavitù, dagli albori fino alla sua definitiva abolizione avvenuta nel 1848 per mano dei francesi.
il CASTELlo e il forte d’estrées
Sull’isola, oltre alla Maison des Esclaves, che da sola vale il prezzo del biglietto, esistono tuttavia altri monumenti ed edifici che meritano di essere ricordati, come ad esempio il Castello e il Forte d’Estrées, situati rispettivamente sul lato sud e sul lato nord.
Due enormi cannoni e un memoriale a forma di vela è ciò che compare davanti ai tuoi occhi una volta che avrai raggiunto la cima del Castello, una collina alta alcune decine di metri dove un tempo i coloni olandesi e francesi, che ribattezzarono Fort Saint Michel, erano soliti costruire fortezze per difendere il porto di Dakar dall’attacco degli inglesi. Quello che colpisce, sono le innumerevoli opere degli artisti senegalesi esposte lungo il percorso che conduce alla vetta, da cui si gode di un eccellente veduta panoramica.
Il Forte d’Estrées, invece, è una fortezza che porta il nome dell’ammiraglio che strappò di mano l’isola agli olandesi. Trasformato in una prigione negli anni’50, il forte fu poi restaurato per essere pronto ad accogliere il Museo storico del Senegal, che consta di 12 sale, ciascuna delle quali racconta le vicissitudini storiche del Paese attraverso le fotografie, i documenti e gli oggetti in esso esposti.
l’isola di gorée oggi
Reduce da un passato burrascoso, fatto di torture, segregazioni e lotte per la sopravvivenza, oggi l’isola di Gorée è un’oasi di pace che vive di turismo, una voce importante nell’economia di un luogo che ha visto nascere e crescere come funghi, nel corso degli anni, ristoranti, caffetterie e guesthouses a gestione familiare.
Percorribile interamente a piedi, Gorée rappresenta il giusto compromesso per una piacevole escursione in giornata da Dakar, un luogo in cui è possibile crogiolarsi al sole davanti ad un bel piatto di pesce o addentrarsi nelle strette stradine caratterizzate da case color pastello e profumatissime bouganvilles.
- L’isola di Gorée è raggiungbile in 20 minuti di navigazione dalla capitale Dakar, acquistando un biglietto di a/r al costo di 5.200 FCFA (8 euro circa) per gli adulti e di 2.700 FCFA per i bambini. Sull’isola è previsto il pagamento di ulteriori 500 FCFA, che servono per il restauro e il mantenimento degli edifici. Il punto di imbarco è presso la Stazione Marittima di Dakar. Se desideri avere informazioni circa gli orari di partenza, puoi cliccare direttamente qui.
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