Oggi ho deciso di portarti a Toubab Dialaw, un villaggio di pescatori dai toni romantici di cui mi innamorai follemente al punto da ritornarci, nel 2019, per dare inizio ad una nuova avventura alla scoperta di luoghi a me ancora sconosciuti. Chissà che anche tu, leggendo l’articolo, non riesca a fare altrettanto. Beh, poi mi dirai!
Situato lungo la Petite Cote, un fazzoletto di costa affacciata sull’Oceano Atlantico, che si estende per circa 100 km a sud di Dakar, Toubab Dialaw dista poco più di 40 km dalla capitale ed è facilmente raggiungibile in 30 minuti in auto dal nuovo Aeroporto Internazionale Blaise Diagne, inaugurato nel dicembre del 2017 a Ndiass, un villaggio rurale posto nelle sue immediate vicinanze.
Frequentato sia dai Dakarois (gli abitanti di Dakar) che da espatriati in cerca di un luogo tranquillo in cui trascorrere alcuni momenti di relax o gli anni floridi della beneamata pensione, Toubab Dialaw è caratterizzato da una lunga spiaggia di sabbia fine, basse scogliere e splendidi paesaggi a perdita d’occhio. La grossa roccia prospiciente il ristorante Le Rocher Chez Nabou, un locale alla mano nel quale è possibile gustare ottimi piatti locali – tra cui i deliziosi calamares sautés à l’ail (calamari all’aglio saltati) – e bere una gelida Gazelle, è il suo marchio di fabbrica, l’elemento che lo rende riconoscibile e al tempo stesso lo differenzia dai vicini villaggi di Kelle, Niangal e Yenne e dalla più selvaggia e quieta Popenguine.
Come passare il tempo a Toubab dialaw: Tra passeggiate, Arte e musica
Se credi che Toubab Dialaw sia un villaggio di pescatori qualunque, uno dei tanti in cui passare il tempo camminando a piedi nudi in riva al mare, ammirando incantevoli tramonti oppure osservando il viavai di piroghe dai colori accesi e variopinti, ti sbagli di grosso.
Nulla, infatti, ti impedisce di prendere parte ad uno dei tanti spettacoli folkloristici che vengono regolarmente allestiti sulla spiaggia o presso alcune delle strutture alberghiere presenti al villaggio. Tra queste vale la pena ricordare l’albergo La Mimosa, di proprietà del giovane italo-senegalese Gennaro Mouhamed Cianciullo e della moglie Faly e il Sobo Badè, capitanato dal lungimirante Gerard Chenet, un personaggio carismatico di origine haitiane trasferitosi a Toubab Dialaw alla fine degli anni’70, grazie al quale, il villaggio, da più di 40 anni è ormai una roccaforte per artisti e musicisti bohemien.
Il merito di Gerard, poeta, scrittore ed intellettuale – tuttora vivo e vegeto – è stato infatti quello di aver saputo trasformare il Sobo Badè, una semplice struttura alberghiera a picco sul mare, in un centro culturale di eccellenza, all’interno del quale si tengono corsi di musica, danza, pittura e scultura, accessibili a tutti. Ogni anno, per l’occasione, presso l’Engouement, un teatro a cielo aperto costruito poco lontano dal Sobo Badè, tra la fine di dicembre e i primi giorni di gennaio ha luogo il Rhytms and Forms, un festival musicale ricco di concerti e spettacoli di danza.
Dalla fine degli anni’90, Toubab Dialaw è inoltre la sede dell’Ecole des sables, un centro internazionale di danza africana contemporanea, gestita da Germaine Acogny, una coreografa di origini beninesi, in cui diversi giovani provenienti da ogni angolo del Paese hanno l’opportunità di sviluppare e mettere in mostra il proprio talento artistico.
L’INCONTRO COn UNA FAMIGLIA locale
A Toubab Dialaw, come vedi, le opzioni su come decidere di passare il proprio tempo a disposizione non mancano affatto. Io, dopo essermi intrattenuto a discutere del più e del meno con alcuni bambini sulla spiaggia, approfittai spudoratamente dell’ospitalità offerta da una famiglia locale, per assaggiare deliziosi piatti locali ed entrare nel vivo della cultura senegalese. Se hai un attimo da dedicarmi, mi farebbe piacere raccontarti la mia storia: che dici, posso dare il via alle danze?
Tutto ebbe inizio e (terminò) all’albergo La Mimosa – già proprio quella che hai apppena sentito nominare – in cui decisi di trascorrere i miei primi due giorni di permanenza in Senegal. Ricordo ancora di esserci arrivato in taxi, in piena notte, stremato. Tant’è che mi gettai subito a capofitto tra le braccia di Morfeo. Fu solo al brusco risveglio, mitigato dall’ottima colazione a base di pane, burro e succo di mirtilli preparatami da Mouhamed, che mi resi conto di essermi svegliato all’alba di un mattino tutto africano.
Impreziosita dalla simpatica presenza di Adama, un’accanita venditrice di souvenir a cui è difficile sottrarsi, e da alcuni cani randagi distesi al sole, la spiagga di Toubab Dialaw è un infinito susseguirsi di campi di calcio dalle forme irregolari provvisti di porte in legno e linee tracciate alla meno peggio sulla sabbia, gremiti di bambini e ragazzi urlanti che giocano a pallone. In più di un’occasione, chiacchierando con alcuni di loro, al grido di “Toubab! Toubab! Ballon! Ballon!”, mi fu scherzosamente intimato di comprarne loro diversi. Nonostante fui assalito dal desiderio di accontentarli tutti, so benissimo che se ne avessi acquistato uno ad ogni bambino che incrociai cammin facendo, mi sarei ritrovato al verde in men che non si dica.
Nei pressi di Kelle, dopo quasi 3 km di spensierata passeggiata, a seguito dell’incontro con un tizio di nome Aliou, balbuziente e con uno strano berretto di lana in testa, la mia giornata prese una piega inaspettata. Aliou, infatti, dopo avermi chiesto cosa ci facessi da quelle parti, mi invitò a pranzo a casa sua. Lì, insieme alla sua famiglia, mangiammo un delizioso thiebou guinar, un piatto a base di riso e pollo e bevemmo ataya, il tè alla menta, prima di sdraiarci a terra e concludere la giornata davanti ad un residuato bellico a tubo catodico per assistere ad un incontro di lotta senegalese, lo sport nazionale.
Tra un discorso e l’altro, Aliou mi parlò del suo lavoro di pescatore andato perso e di sua figlia, che allo scoccare dei suoi diciotto anni, non aveva ancora ricevuto un’istruzione, nè tantomeno trovato un marito. Tuttavia, sapendo di non poter assimilare la storia della sua vita in un intero pomeriggio, decidemmo insieme di rimandare la nostra conversazione al giorno successivo, un momento come un altro per Aliou, di dedicarsi alla preparazione di 1 kg di pesce fresco che io stesso acquistai al mercato di Yenne e che mangiai, mio malgrado, con tanto di viscere.
Più tardi, in attesa di ringraziare per l’ospitalità ricevuta e rientrare frettolosamente in albergo per rifarmi la bocca con un bel piatto di crevettes sautées, mi adagiai mestamente su di un’amaca ad ascoltare il “canto” del muezzin che richiamava i fedeli alla preghiera.
E tu, durante i tuoi viaggi, hai mai incontrato persone a cui ti sei particolarmete affezionato o con le quali hai condiviso momenti particolari?
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